Per il primo Natale de Il vaso di Pandoro mi sembrava d’obbligo parlare del tipico dolce natalizio che si lega al suo nome.
Come potete leggere anche nella sezione progetto, il nome di questo blog nasce da un gioco di parole con il mito del vaso di Pandora, contenitore di tutti i mali dell’umanità. Qui il Pandoro diventa il vaso che contiene tutte le bontà del mondo, ribaltandone completamente il significato.
Vi svelo subito che faccio fieramente parte del #TeamPandoro e sono convinta che sia veramente ingiusto che questa bontà venga relegata alle sole feste natalizie. 😉
Sono molto affezionata al Pandoro anche perché è un dolce tipico di Verona, città in cui ho vissuto e dove ho lasciato parte del mio cuoricino.
Ma bando alle ciance, andiamo a scoprire tutto ciò che si nasconde sotto quel dolce strato di zucchero a velo.

ODE AL PANDORO
A Verona il dolce è nato
ed è invero prelibato!
Ha una forma tanto bella
che somiglia a una stella.
Il Pandoro tanto amato,
ha un aroma vanigliato,
è assai morbido e goloso,
ha un profumo strepitoso.
[…]
Se ne addenti una fettina
senti in bocca l’acquolina,
nelle orecchie angeli in coro
cantan: Viva il Pandoro!
IL PANDORO DI VERONA
Di origine veronese, il pandoro è, insieme al panettone, uno dei più tipici dolci natalizi italiani.
Gli ingredienti del pandoro sono: farina, zucchero, uova, burro, lievito madre e aromi. La sua forma, conosciuta ormai da tutti, è un tronco di piramide stellata a 8 punte. Ha una pasta soffice, di colore dorato e ben lievitata, che profuma di vaniglia.
Per essere più precisi, il decreto del 22 luglio del 2005, che disciplina la produzione e la vendita di alcuni prodotti dolciari da forno, definisce il Pandoro come il “prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a tronco di cono con sezione a stella ottagonale e con superficie esterna non crostosa, una struttura soffice e setosa ad alveolatura minuta ed uniforme ed aroma caratteristico di burro e vaniglia.”
Il dolce natalizio veronese viene servito rigorosamente spolverato di zucchero a velo, venduto insieme al dolce.
Concorderete con me che il pandoro senza zucchero a velo, non è pandoro.

LA STORIA DEL PANDORO
Le origini del Pandoro sono discusse. Secondo alcuni, la ricetta risalirebbe ai tempi degli antichi romani. A darcene testimonianza sarebbe Plinio il Vecchio, che in uno scritto del I secolo dopo Cristo parla di un cuoco di nome Vergilius Stefanus Senex intento nella preparazione di un pane dolce a base di farina, burro e olio.
C’è poi chi ritiene che la storia del pandoro derivi da quella della brioche francese, servita alla corte dei dogi.
Secondo altri, la preparazione deriverebbe dal “pane de oro”, dolce di forma conica diffuso del XIII secolo sulle tavole aristocratiche della Repubblica di Venezia, dove si usava stupire gli ospiti impreziosendo i cibi con foglie dorate.
La versione più accreditata è che il Pandoro sia il discendente del Nadalin, dolce veronese duecentesco a forma di stella.
IL NADALIN, L’ANTENATO DEL PANDORO
Il Nadalin è un dolce tipico natalizio della città di Verona. Antenato del Pandoro, fu creato per festeggiare il primo Natale di Verona sotto la signoria degli Scaligeri, che governarono sulla città dal 1262 al 1387.
Fatto con farina, burro, zucchero e lievito naturale, stupì per la sofficità e spugnosità dovute alla lunga lievitazione e, vista la sua forma a stella, venne subito chiamato Nadalin, ovvero di dolce di Natale. Nel corso dei secoli si arricchì con l’aggiunta di uova e una copertura con pinoli. La sua preparazione è più semplice e veloce a quella prevista dalla ricetta del pandoro, senza i laboriosi rimpasti che caratterizzano la lievitazione del suo successore. Il risultato è un dolce soffice e molto gustoso, il cui sapore è arricchito dalla frutta secca che completa la glassatura in superficie.
Rispetto al “pan d’oro”, il Nadalin è meno burroso e fragrante, ma più compatto e dolce. La sua forma è meno precisa: è più basso e spesso a stella oppure a cupola come un panettone molto basso. Con l’invenzione del Pandoro, il Nadalin passò in secondo piano e solo recentemente è tornato in auge. Anche se rimane un prodotto più di nicchia, alcuni veronesi lo preferiscono al pandoro, ormai diventato un dolce nazionale.

Ciò che sappiamo per certo è che il pandoro, così come lo conosciamo oggi, nasce ufficialmente il 14 ottobre 1894.
In questa data infatti, Domenico Melegatti, fondatore dell’omonima azienda dolciaria veronese, depositò al Ministero di Agricoltura e Commercio del Regno d’Italia la ricetta di questo dolce. Ne ottenne il brevetto per aver inventato nome, ricetta e forma, opera del pittore veronese Angelo Dall’Oca Bianca che ne disegnò lo stampo.
Molto probabilmente Melegatti trasse ispirazione da un’altra usanza veronese, quella del levà. Questa tradizione voleva che durante la notte della vigilia di Natale, le donne preparassero nelle cucine delle corti contadine il levà, un dolce dalla composizione simile, di cui Melegatti modificò la ricetta creando quella del Pandoro.
Un’altra leggenda legata al riguarda la nascita del suo nome. Secondo la leggenda della famiglia Melegatti, un garzone, al taglio della prima fetta di questo dolce ricco di burro e uova, vedendola illuminata dal sole, esclamò stupito:
“l’è proprio un pan de oro!”
Il primo pan d’oro nacque in Corso Porta Borsari 21 a Verona, sede del primo laboratorio Melegatti. Passandoci davanti e alzando la testa potrete infatti vedere l’antica insegna dell’azienda e due pandori in tufo, disposti agli angoli delle due terrazze laterali.

L’UNIONE FA LA FORZA (DEL PANDORO)
Qualche anno fa l’azienda Melegatti fu al centro dell’attenzione per una vicenda che, nella sua tragicità, si risolse con un lieto fine che sottolinea la forza della solidarietà.
Quando è venuto a mancare Domenico Melegatti, fondatore dell’azienda, non avendo eredi diretti, la proprietà è stata divisa tra le due famiglie di nipoti, le famiglie Turco e Ronca. Quando gran parte delle azioni sono passate a una delle due famiglie, l’equilibrio si è destabilizzato fino a portare l’azienda alla crisi. La crisi economica, cominciata nel 2016, si intensificò fino all’ottobre 2017, quando l’azienda chiuse gli stabilimenti tra le proteste dei lavoratori.

In quel periodo, grazie a una campagna social, ci fu una grande solidarietà da parte di tutti gli italiani che comprarono un gran numero di prodotti Melegatti al fine di salvare l’azienda.
Nel maggio del 2018 il tribunale di Verona dichiarò fallita la storica società, che venne acquistata nel settembre 2018 dalla famiglia Spezzapria.
Grazie alle proteste dei dipendenti, alla solidarietà delle persone e all’acquisto della famiglia Spezzapria, il Pandoro Melegatti è tornato nelle case degli italiani.
- Propaganda Live del 24 ottobre 2017
- La vita in Diretta del 18 dicembre 2017 e quello di #Cartabianca del 19 dicembre 2017
- La Repubblica del 19 novembre 2018
ALL’ASSAGGIO

COME SERVIRE IL PANDORO
Una cosa che trovo divertente del pandoro è che viene venduto insieme ad un sacchettino di zucchero a velo. Come a significare che non può esistere senza. (Se lo si mettesse in fase di produzione, il contatto prolungato con lo zucchero potrebbe alterare le caratteristiche del dolce.)
Una volta liberato il pandoro dalle confezioni, lo si spolvera con lo zucchero. La tecnica più utilizzata è quella della “vigorosa scrollata” (termine coniato da me in questo momento), che consiste nel versare tutto lo zucchero a velo nel sacchetto di plastica che contiene il pandoro, chiuderlo e agitarlo con vigore.
Alcuni consigliano di scaldarlo leggermente prima di mangiarlo e spesso lo si accompagna con la crema di mascarpone, la stessa del Panettone, o una crema inglese.
Solitamente lo si serve tagliandolo in fette longitudinali che seguono la costolatura, oppure lo si taglia “a stella”, orizzontalmente, ottenendo tante fette a forma di stelle. Volendo lo si può farcire con la crema, alternando le fette con uno stato di crema e formando un alberello molto scenografico.

PANDORO O PANETTONE: L’INFINITA FAIDA
Chi non è italiano deve sapere che ogni Natale in Italia va in scena la consueta “battaglia” tra pandoro e panettone.
Ogni anno puntualmente c’è chi vuole dimostrare la supremazia di uno e chi invece ribadisce la superiorità dell’altro, chi ama uvette e canditi, e chi li toglie uno ad uno, con il risultato che di media una famiglia li compra entrambi per accontentare tutti.
Una battaglia che non avrà mai un vincitore. Io stessa, fedele sostenitrice del dolce natalizio veneto, da brava milanese non posso non riconoscere la parità.
Ma quali sono le principali differenze tra i due capisaldi della tradizione natalizia italiana?

LA SCELTA
Come scegliere il miglior pandoro? Che sia industriale o artigianale, gli ingredienti ammessi sono quelli indicati nel disciplinare, come visto prima. È prevista la possibilità di aggiungere anche altri aromi, sia naturali che chimici, conservanti (limitatamente all’acido sorbico e al sorbato di potassio) ed emulsionanti.
Come indicato da Altroconsumo, in una “buona etichetta” l’ordine degli ingredienti dovrebbe essere questo: farina di grano tenero tipo 0, uova fresche, burro, zucchero, latte intero fresco pastorizzato, lievito naturale (frumento), estratto naturale di vaniglia, sale.
Ancora meglio se vengono riportate le percentuali dei principali ingredienti, ossia uova e burro.
PER CIMENTARSI AI FORNELLI
La sentite l’atmosfera del Natale? 🎄
Ora potete finalmente godervi una buona fetta di pandoro e stupire i vostri ospiti con qualche curiosità durante il Cenone.
Non perdetevi inoltre il Food Tour a Verona tra tutte le bontà tipiche della città di Giulietta e Romeo.

© FOTO CREDITS: la foto storica del palazzo Melegatti è tratta da www.rivistaitalyexport.it

Giulia Milani
Founder