Quest’estate il rientro dalla Francia e il Coronavirus non mi hanno permesso di fare grandi programmi.
Ma alla fine è andata benissimo anche così, perché le mie vacanze sono consistite in piccole gite in giro per l’Italia, a trovare amici e a rivedere alcuni dei miei posti del cuore.

Tra questi c’è la provincia di Reggio Emilia, da dove provengono mia mamma e buona parte della sua famiglia, e proprio qui mi sono imbattuta in uno dei prodotti tipici emiliani che avevo sentito nominare ma che non avevo ancora avuto l’occasione di approfondire: il savurett.

IL SAVURETT: UNA CONSERVA MOLTO SPECIALE

Il savurett (o “savuret”), da “saporetto”, è un prodotto tipico dell’Emilia Romagna, in particolare delle zone montane dell’appennino reggiano. Si tratta di una conserva di frutta, definita talvolta anche come composta o come mostarda, a base di pere e mele del territorio.

È un prodotto emiliano che nasce dall’esigenza di conservare la frutta nel periodo invernale. Fa parte delle tradizioni dell’Emilia Romagna, di quei saperi conservati dalle “rezdore”, le matrone di casa custodi dei segreti della cucina (le stesse che nell’articolo sulla Piadina romagnola chiamavamo “azdore”, in dialetto romagnolo).

Savurett

Le origini contadine, gli ingredienti poveri e il metodo di produzione antico, che prevede ben 36 ore di cottura, rendono il savurett uno di quei prodotti della nostra cultura gastronomica di cui dobbiamo tenere viva la tradizione.

Proprio per questo motivo è in progetto la creazione di un disciplinare di produzione del savurett. In questo modo è possibile definirne il metodo produttivo e delimitarne la zona di produzione alla sola provincia di Reggio Emilia. Ancora però non c’è chiarezza a questo proposito.

TRADIZIONI EMILIANE: LA PRODUZIONE DEL SAVURETT

Gli ingredienti del savurett sono la pera, in predominanza, e la mela, nelle varietà autoctone della provincia di Reggio Emilia. Sono ammesse solo varietà come “Pèr Spalèr” (pera Spalèr), il “Pèr Nobel” (pera Nobile) o “Baraban”, il “Pèr Aval” (pera Avallo) e altre autoctone reggiane; o varietà cosmopolite come la Passacrassana. Tra le mele si possono usare le autoctone (Campanina, Sangue di Bue, Ferro) e mele cosmopolite (Abbondanza).

Una volta raccolte e lavate, le pere e le mele vengono grattugiate per ottenere una polpa consistente e sugosa che viene successivamente torchiata e poi filtrata con teli di canapa. Il liquido ottenuto viene fatto bollire a fuoco lento per circa 36 ore ininterrotte, prevenendo bruciature e aromi affumicati, sino ad ottenere una polpa di adeguata densità.

Più o meno a metà cottura si aggiungono pezzi di pere Nobile, sbucciate e tagliate a spicchi col compito di dare consistenza al prodotto. Questa varietà di pere infatti ha la qualità di mantenere intatta la sua consistenza anche se sottoposta a lunga cottura.

Il risultato è una conserva di frutta dal colore molto scuro e omogeneo con un aroma fruttato, leggermente caramellato e quasi balsamico. L’odore è intenso e il sapore è dolce con una punta di amaro, qualità che può aumentare a seconda dell’età del prodotto. La struttura non è uniforme, perché caratterizzata da una componente più o meno liquida e da una densa (fette di pere Nobili).

È un tipico prodotto autunnale ma si può gustare tutto l’anno. Il savurett viene usato come una confettura nella preparazione dei dolci, spalmato sul pane o sciolto nell’acqua per preparare una bibita dolce e dissetante.

Una delle ricette più famose che lo vedono protagonista è sicuramente quella dei tortellini di castagne,  dolci tipici emiliani natalizi delle montagne reggiane. Vengono preparati con savurett, castagne lessate, noci e nocciole tritate, cioccolato in polvere, caffè macinato e uvetta e un goccio di liquore Sassolino. Inoltre l’aroma fruttato lo rende perfetto per essere abbinato ai bolliti di carne e ai formaggi, in particolare alla ricotta.

VARIANTI: IL SAVOR

Una variante del savurett è il savòr, preparazione molto simile, anch’esso tra i piatti tipici dell’Emilia Romagna. Le origini sono le stesse: un dolce povero che si cucinava nella famiglie contadine per conservare la frutta. Preparato nel periodo immediatamente successivo a quello della vendemmia, è strettamente legato alla produzione della saba (mosto d’uva cotto), dalla quale dipende. La ricetta del savor è leggermente diversa. A distinguerlo dal savurett sono infatti gli ingredienti: la marmellata savòr è a base di salsa saba, addensata a metà cottura con vari tipi di frutta (solitamente mele, pere, mele cotogne, scorza di arancia e limone, a volte anche noci, polpa di zucca, barbabietola da zucchero). Un’altra versione proviene dalla Toscana, dove il savore, simile a quello emiliano, è arricchito con senape e canditi.

PER APPROFONDIRE

CARPINETI E L’APPENNINO REGGIANO

Si dice che il savurett sia nato a Carpineti, un comune italiano di 4000 abitanti della provincia di Reggio Emilia e uno di quei luoghi che sulla mia cartina geografica sono evidenziati con un cuoricino. Perché? Perché proprio qui è nata la mia mamma. ♥️

Nel 1738 Lodovico Ricci, storico ed economista italiano, nella Corografia dei Territori di Modena, Reggio e degli altri Stati già appartenenti alla Casa d’Este descrive così la città di Carpineti:

«È posta nel monte, ed è distante da Reggio 18 miglia, da Modena 25. Ha una popolazione di 134 abitanti.
Fu quivi uno de’ Castelli della Contessa Metilde, e molti diplomi vi veggono da essa in questo luogo segnati.
Dopo la morte di lei l’Imperatore Enrico V andando a Roma lasciò Metilde sua moglie nella Rocca di Carpineto.
»

Immerso tra le colline dell’appennino reggiano, Carpineti è infatti meta ancor più interessante in quanto parte delle così denominate “Terre Matildiche1, cioè i territori che furono dominio di Matilde di Canossa2 (di cui abbiamo parlato anche nell’articolo sull’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena).

Nello scenario dell’Appennino Reggiano, intorno all’anno mille, la contessa Matilde di Canossa aveva situato qui il centro politico e militare di un feudo esteso dalla Lombardia alla Toscana. Del suo grande potere restano testimoni i numerosi castelli che ancora oggi costellano queste zone. Primo tra tutti, e l’unico che sono riuscita a visitare, il Castello di Canossa, sede di un museo nazionale e patrimonio dello Stato, nucleo principale di uno scacchiere difensivo realizzato per assicurare il controllo delle vie di comunicazione padane e transappenniniche.

Nonostante del castello oggi sia rimasto ben poco vi consiglio la visita per tre motivi:

  • il museo è piccolo ma offre un’interessante panoramica sul periodo Matildico;
  • la strada per arrivare (SP54) offre magnifici scorci sul castello circondato dai calanchi;
  • dalla cima potrete godervi un po’ di fresco e la vista di tutte le colline circostanti.

L’edificio meglio conservato è il Castello di Rossena che presenta ancora il Mastio Vedovale e il muro difensivo.

Altri castelli rimandano all’epopea matildica, tra cui Carpineti, che ospitò due concili, Bianello di Quattro Castella che ospitò l’imperatore Enrico V, Montecchio Emilia e Sarzano di Casina. Contemporanee e non meno importanti, rimangono anche le pievi a ricordo dell’azione riformatrice di Matilde in campo ecclesiastico: Toano, Marola, San Vitale di Carpineti, Beleo, Paullo e Pianzo, ricche di testimonianze romaniche ancora chiaramente leggibili e suggestive.

IL SAVURETT DELL’AZIENDA AGRICOLA VARO

Le aziende che producono il savurett si contano sulle dita di una mano. Una di queste è l’Azienda Agricola Varo a Valestra, una piccola frazione del Comune di Carpineti, che ho avuto la fortuna di visitare e che merita qualche parola in più.

Qui Sara, insieme alla sua famiglia, è riuscita nell’intento di riportare in auge questo prodotto tipico emiliano. Con grande lavoro di ricerca e valorizzazione, ha creato una vera e propria oasi che fa del rispetto della natura e della biodiversità i suoi credo.

Un impegno quotidiano che si percepisce chiaramente dal loro modo di lavorare: non utilizzano pesticidi e diserbanti, ma macerati naturali, hanno piantato vecchie varietà di alberi in via d’estinzione, riciclano qualsiasi cosa, la produzione di rifiuti è al minimo e gli scarti vegetali vengono utilizzati per il compost o l’alimentazione animale.

Il Giardino Frutteto è stato pensato per la tutela di piante da frutto antiche e autoctone della Regione, ormai in via di estinzione, come le Pere Spalèr. Qui, oltre a godere di una spettacolare vista sulle colline circostanti sotto l’ombra di 7 magnifiche querce, potrete trovare alberi da frutta antica, more, lamponi, gelsi e una collezione di rose antiche. Inoltre viene utilizzato spesso per serate aperte al pubblico e laboratori per bambini o affittato per feste, compleanni e picnic.

Nel Laboratorio producono, oltre al savurett, fiore all’occhiello dell’azienda, confetture, aceti, giardiniere, sciroppo di rose antiche e prodotti derivati dalla produzione del savurett.

In questo video potrete ascoltare direttamente da Sara la spiegazione della produzione del savurett.

Inoltre l’azienda dispone di una bellissima Sala Didattica, realizzata con materiali naturali e di recupero, dedicata a laboratori a tema per i bambini, degustazioni e corsi.

Insomma, nell’azienda agricola Varo “le tradizioni sono fatte rivivere nelle ricette e nei prodotti, ma anche nei laboratori dove le persone potranno imparare cosa significhi vivere con lentezza in armonia con la natura.

Questa tappa del nostro viaggio tra i prodotti tipici emiliani finisce qui. 😊

Sulla tradizione gastronomica emiliana potete leggere anche:

Ora non vi resta che prepararvi per andare a scoprire i sapori del Vaso di Pandoro con i nostri Food Tours!

1 Canossa si trova a circa 30 km da Reggio Emilia e le Terre matildiche si estendevano da Mantova, a Reggio Emilia fino al Parmense, al Modenese e al Ferrarese. Tuttora si intende per Terre matildiche propriamente dette questi territori. Alla morte della contessa Matilde, le terre arrivarono ad estendersi fino al mar Tirreno, inglobando tutta la Toscana (escluso l’Arcipelago Toscano), quasi tutta l’Emilia, la zone della Lombardia compresa tra il Lago d’Iseo e l’Adda, l’Umbria occidentale e la Maremma laziale.
2 Matilde di Canossa (n. 1046-m. 1115) fu contessa, duchessa, marchesa e vicaria imperiale e vice regina d’Italia. Matilde fu una potente feudataria ed ardente sostenitrice del papato nella lotta per le investiture: Personaggio di assoluto primo piano in un’epoca in cui le donne erano considerate di rango inferiore, arrivò a dominare tutti i territori italici a nord dello Stato Pontificio.

© FOTO CREDITS
Alcune delle foto sono offerte gentilmente dall’Azienda Agricola Varo, che ringrazio per la bella visita e disponibilità.

<a href="https://ilvasodipandoro.com/author/giu-milani92gmail-com/" target="_self">Giulia Milani</a>

Giulia Milani

Founder

Classe 1992, sono la fondatrice del blog. Vengo da Milano (Corsico, per i più pignoli) e mi sono laureata in Scienze Gastronomiche a Parma. Dopo un Master in Cultura del cibo e del vino a Venezia, ho lavorato a Verona e a Parigi, dove è nato Il vaso di Pandoro. Ora sono rientrata a Milano e lavoro in un’agenzia di comunicazione. Più brava a mangiare che a cucinare, amo raccontare la gastronomia attraverso le storie e le tradizioni. Per me viaggiare coniugando le bellezze del territorio con quelle della tavola è il modo migliore per conoscere una cultura.
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