In Italia esistono tantissimi tipi di pasta ripiena. Sebbene la pasta ripiena sia tradizionalmente diffusa soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, quasi ogni regione ne possiede almeno un proprio tipo: gli agnolotti in Piemonte, i casoncelli e i tortelli di zucca in Lombardia, i tortellini e i cappelletti in Emilia Romagna, i tortelli di patate in Toscana, i calcioni nelle Marche, i culurgiones in Sardegna e via dicendo.
Oggi voglio parlarvi della pasta ripiena caratteristica della mia città: i tortelli d’erbetta di Parma.

I TORTELLI D’ERBETTA, RICETTA TIPICA DI PARMA

tortelli d’erbetta, chiamati anche tortelli verdi, sono un piatto tipico dell’Emilia Romagna diffuso soprattutto tra le zone di Parma, Piacenza e Reggio Emilia. Le varietà di tortelli tipiche di queste province sono fondamentalmente quattro: i tortelli di erbette, i tortelli di patate, i tortelli di zucca e i tortelli di castagne. La pasta all’uovo che avvolge il ripieno è sostanzialmente la stessa, ciò che cambia è la farcitura.

I tortelli di erbetta sono forse uno dei piatti più conosciuti e rappresentativi della cucina parmigiana. Ricetta di origine contadina, viene preparata con ingredienti semplici e facilmente reperibili: erbette dell’orto e materie prime derivate dalla tipica produzione lattiero-casearia della zona (burro, ricotta e Parmigiano Reggiano).

Il ripieno di erbette (solitamente bietole verdi o spinaci), ricotta, Parmigiano Reggiano, uova, e una spruzzata di noce moscata viene avvolto in una sfoglia all’uovo, rigorosamente preparata e tirata a mano. Questa viene ritagliata in rettangoli, grazie ad una rotella o uno stampo quadrato festonato in legno e ottone.

La tradizione vuole poi che vengano serviti foghè intal butèr, sughè col formaj cioè “affogati nel burro e asciugati con il formaggio”. Il condimento perfetto è infatti un “lago” di burro fuso, asciugato con un’abbondante dose di Parmigiano Reggiano grattugiato, che deve sciogliersi con il calore dei tortelli. Alcuni aromatizzano il burro con delle foglie di salvia, per renderli ancora più saporiti.

La ricetta dei tortelli d’erbetta può variare leggermente nella proporzione e nella composizione ingredienti, a seconda della città in cui vengono preparati o delle diverse ricette che ogni famiglia possiede. Anche perché le vere rezdore, le “reggitrici” della casa e delle faccende domestiche, non pesano gli ingredienti: preparano il ripieno calibrando “a occhio” la giusta proporzione di ricotta ed erbette e aggiustano di sale e formaggio assaggiando.

I tortelli di erbetta parmigiani sono stati riconosciuti prodotto agroalimentare tradizionale – PAT1 – della Regione Emilia-Romagna ed inseriti nell’elenco dal Ministero per le Politiche Agricole.

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LA STORIA DEI TORTELLI D’ERBETTA

La pasta ripiena, nelle forme che oggi conosciamo, nasce con molta probabilità dall’evoluzione delle torte salate e dai pasticci del Medioevo, come piatto d’emergenza per recuperare gli scarti della tavola, sintesi dell’arte della pasta e di quella delle torte. Tra le fonti che fanno desumere che tortelli, ravioli o tortellini, derivassero dalle torte, chiamate anche timballi o pastelli, c’è il Liber de coquina2 (XIII sec. d.C.). A differenziare le due categorie è la cottura: se quella delle torte avveniva in forno, quella di tortelli, ravioli o simili si faceva per bollitura o frittura.

Le prime tracce del tortello risalgono al 1100 d.C nella Padania longobarda. Benché tortelli e ravioli si siano poi diffusi in tutta l’Italia centro-settentrionale, è proprio lungo la Pianura Padana che si sono sviluppate le specialità più note. Si tratta in genere di pasta ripiena servita come primo piatto, preparata con una miscela di farina e uova e farcita con diversi ingredienti.

In linea generale si associavano torte e tortelli soprattutto alle verdure, da cui, come scrive il Platina3, ne deriva probabilmente il nome: “La pietanza che chiamiamo comunemente torta credo prenda il nome dal fatto che le verdure di solito usate per confezionarla vengono tagliate e tòrte, cioè strizzate”. Con il tempo il ripieno si arricchì di carne, pesce e, durante il Rinascimento, anche di spezie, come il pepe o la noce moscata.

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LA NASCITA DEI TORTELLI D’ERBETTA PARMIGIANI, TRA LEGGENDA E STORIA

Ci sono due leggende che riguardano la nascita dei tortelli d’erbetta di Parma. La prima è legata a San Giovanni Battista e narra che nel XIII secolo, dopo alcuni contrasti tra Cremona e Parma, i parmigiani, organizzarono un banchetto a base di tortelli per festeggiare la loro vittoria che avvenne proprio il 24 giugno 1210, vigilia della nascita di San Giovanni.

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Secondo altri fu invece Benedetto Antelami, incaricato di portare a termine i lavori del Battistero di Parma, a preparare questo piatto per festeggiare i suoi capimastri nel 1196.

A prescindere da quale fu la loro esatta origine, è verosimile che la ricetta sia stata formulata nel mese di giugno. È in questo periodo infatti che il grano “nuovo” veniva raccolto e dava vita ad una farina di ottima qualità, che unita alle uova permetteva di ottenere una sfoglia perfetta. In questi stessi mesi, su tutto il territorio parmense, nei caseifici venivano prodotti anche burro e ricotta, oltre al Parmigiano, utilizzando il siero avanzato dalla lavorazione, che normalmente era utilizzato per nutrire i maiali. Gli orti erano ricchi di ortaggi, tra cui le bietole. “Erbetta” non era infatti un vezzeggiativo di erba ma una contrazione dialettale del latino herba beta, bietola appunto. Ai tempi in tutte le dispense era poi presente il formaggio dell’anno precedente, che serviva per ultimare il ripieno saporito e delicato dei tortelli.

La disponibilità delle materie prime l’hanno reso un piatto facilmente realizzabile da tutti gli strati della popolazione, anche se è rimasto, per lungo tempo, un piatto dedicato ai giorni di festa.

DIFFERENZE TRA TORTELLI D’ERBETTA PARMIGIANI, TORTELLI VERDI REGGIANI E TORTELLI D’ERBETTA DI PIACENZA

Come accennato precedentemente, possiamo trovare diversi tipi di tortelli d’erbetta anche all’interno della regione dell’Emilia-Romagna. Ecco le grandi differenze fra i tortelli di erbetta emiliani.

I tortelli d’erbetta parmigiani sono di forma quadrata e il ripieno è composto da ricotta, bietole o spinaci, noce moscata, Parmigiano Reggiano (meglio se delle zone di montagna perché il sapore è più sapido), uova, sale, pepe. Nelle zone di Parma la tradizione vuole che, per non passare per “conigli” (ovvero per mangiatori d’erba), nell’impasto prevalga la ricotta mentre la quantità delle erbette sia molto ridotta.

Per preparare il ripieno dei tortelli verdi reggiani si usano ingredienti leggermente diversi rispetto a quelli della tradizione parmigiana. Le erbette (bietole e spinaci) a differenza di quelli di Parma vengono soffritte in padella con olio o strutto e cipolla. Poi vengono unite a Parmigiano (20-24 mesi), ricotta (metà vaccina e metà di pecora), sale, pepe, uova. La forma dei tortelli reggiani è sempre quadrata, ma sono più piccoli e hanno meno ripieno rispetto a quelli di Parma. Infine, vengono conditi con burro, salvia e Parmigiano.

I tortelli piacentini vengono chiamati tortelli con la “coda” perchè la pasta viene chiusa lasciando due “code” di pasta, che gli conferiscono una caratteristica forma a caramella. La farcia di questi tortelli comprende Grana Padano (stagionatura media), ricotta vaccina, uova, sale e per la parte verde vengono utilizzati solo gli spinaci. Vengono conditi con burro e Grana.

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AI FORNELLI!

TRADIZIONI E FOLCLORE: LA TORTELLATA DI SAN GIOVANNI

Nelle famiglie emiliane è tradizione preparare i tortelli d’erbetta come primo piatto della cena della Vigilia di Natale. Chiamati anche “tortelli di magro”, sono considerati un piatto “di magro” in quanto privi di carne e quindi concessi dalla Chiesa cattolica nei giorni di venerdì, durante la Quaresima o alla vigilia delle principali festività cristiane.

A Parma c’è però un’altra festività in cui vengono tradizionalmente consumati questi tortelli: la vigilia della natività di San Giovanni Battista. Questa ricorrenza viene infatti celebrata dalla città la sera del 23 giugno con la cosiddetta Tortellata di San Giovanni. Vengono organizzate molte tortellate all’aperto, sparse nei vicoli, dove si consuma tutti insieme questo piatto.

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San Giovanni Battista è un santo molto venerato in Italia, l’unico di cui si commemorano sia il giorno natale, 24 giugno, che il giorno della morte, il 29 di agosto. La coincidenza della nascita di Giovanni Battista con il solstizio d’estate ha fatto sì che in tutta la penisola nascessero feste e riti dove si intrecciavano le celebrazioni sacre del Santo e credenze pagane per esorcizzare le paure o favorire la nuova stagione.

È proprio la fede nella virtù risanatrice e fecondante della rugiada della notte tra il 23 e il 24 giugno che ha dato vita alle celebrazioni nel parmense. La tradizione vuole che si aspetti la mezzanotte per ricevere la rozäda äd san Zvan (la rugiada di San Giovanni) perché si dice che le gocce che si posano sulla pelle portino fortuna. È considerata un balsamo per allontanare i malanni del corpo, un portafortuna e anche un filtro d’amore. Le erbe, che bagnate dalla rugiada diventano prodigiose, non possono mancare nelle ricette di San Giovanni.
Inoltre, durante la notte di San Giovanni si raccolgono le noci acerbe per metterle sotto spirito e produrre il nocino, noto liquore della zona.

In attesa di riuscire a creare un Food Tour di Parma e potervi portare di persona ad assaggiare le sue specialità, ecco qualche consiglio su dove assaggiare dei buonissimi tortelli d’erbetta:

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1 Vengono definiti PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) i prodotti agroalimentari caratteristici di un territorio ‘ottenuti con metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni’. Vengono istituiti ai sensi dell’ art. 8, comma 1 del D.Lgs n.173 del 1998.
2 Il Liber de coquina (Libro di cucina) è un manoscritto anonimo redatto presso la corte Angioina di Napoli. Rappresenta una delle più importanti testimonianze sulle abitudini alimentari presso le corti italiane ed europee del tardo medioevo.
3 Bartolomeo Sacchi, detto il Plàtina (1421 – 1481), fu un letterato e umanista al servizio dei Gonzaga. Scrisse “De honesta voluptate et valetudine”, un’opera in dieci capitoli che costituisce una preziosissima fonte di notizie sulla vita e la cucina italiana del Quattrocento.
<a href="https://ilvasodipandoro.com/author/federica-pallone/" target="_self">Federica Pallone</a>

Federica Pallone

Contributor

Classe ‘93, vengo da Parma. Sono laureata in Scienze gastronomiche e in Gestione dei sistemi alimentari di qualità e della gastronomia presso l’Università di Parma. La mia tesi di laurea triennale ha preso in esame il packaging delle bottiglie di vino della cantina “Ceci Spa”, mentre durante la laurea magistrale ho analizzato il lancio di un nuovo prodotto dell’azienda “Parma Is”. La passione per il vino mi ha portata a diventare Sommelier AIS nel 2019. Ovviamente oltre al vino, amo il cibo! Pizza, pasta e sushi! Adoro viaggiare, scoprire nuovi gusti e nuove culture.
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